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ALLA RICERCA DEL MOMENTO GIUSTO

di Yan Allegret
Traduzione Scuola Itsuo Tsuda

Lo scrittore e regista teatrale Yan Allegret si interessa da vent’anni all’Aikido e alla cultura giapponese tradizionale. Ha praticato in diverse palestre e dojo in Francia e in Giappone, interessandosi alla nozione di dojo: ciò che fa sì che uno spazio divenga, a un certo momento, “il luogo dove si pratica la via”.

Alla scoperta di un dojo tradizionale a Milano: il dojo Scuola della Respirazione della Scuola Itsuo Tsuda.

Avviene intorno alle 6 del mattino. Delle persone escono di casa e si dirigono verso un luogo. A piedi. In macchina. In metropolitana. Fuori, le strade di Milano sono ancora assonnate, quasi deserte. L’alba è vicina. La seduta di Aikido inizia alle 6:45.
Il ritmo della città è ancora quello della notte. Quelli che sono usciti non hanno ancora indossato le corazze necessarie alla giornata di lavoro che si annuncia. Qualcosa rimane in sospeso. Con la nascita del giorno si ha l’impressione di camminare in un interstizio.
È in quest’interstizio che troviamo il dojo Scuola della Respirazione della Scuola Itsuo Tsuda.

L’arrivo all’alba nei dojo della Scuola Itsuo Tsuda

In questo luogo dedicato all’Aikido e al Katsugen Undo, le sedute sono quotidiane. Tutte le mattine, la seduta ha luogo, con qualsiasi tempo, i weekend o le vacanze, tranne il primo gennaio, giorno della cerimonia di purificazione del dojo. L’alba influenza la pratica. Questa porosità è stata da sempre presa in considerazione nella tradizione giapponese. Basta rileggere il Fushi Kaden1 di Zeami, creatore del teatro Nō, per comprendere fino a che punto le arti tradizionali sono state alla ricerca del “momento giusto” (che tiene conto dell’ora, del tempo, della temperatura, della qualità del silenzio, ecc…) per rendere perfetta la loro arte.

Camminando verso il dojo alle 6:30, ce ne rendiamo conto. Praticare la mattina dà spessore. Lo spirito non è ancora assalito dalle preoccupazioni della vita sociale, familiare. Il mentale non ha ancora preso i comandi. Si arriva come un foglio bianco al numero 30 di via Fioravanti.

Dojo Scuola della Respirazione

L’Associazione Scuola della Respirazione esiste dal 1983 e si è stabilita qui dal 1993. È stata fondata da un gruppo di persone desiderose di seguire l’insegnamento di Itsuo Tsuda, trasmesso da Régis Soavi. Itsuo Tsuda fu allievo di Morihei Ueshiba e di Haruchika Noguchi (fondatori dell’Aikido e del Katsugen Undo). Quanto a lui, l’attuale sensei, Régis Soavi, è stato allievo diretto del Maestro Tsuda.
Il dojo non è affiliato a nessuna federazione. Segue il suo percorso associativo, indipendente e autonomo, con continuità e pazienza.
Quando si attraversa la soglia, si sente che si è entrati “da qualche parte”. Una forma di densità e al tempo stesso di semplicità emana dal posto. In giapponese si direbbe che il “ki” del luogo è palpabile.
Lo spazio è silenzioso. Le persone sono riunite intorno ad un caffè, in un vasto ambiente con grandi finestre. Accanto, lo spazio dei tatami sonnecchia ancora. Le persone arrivano, tra le 6:20 e le 6:45: uomini e donne di tutte le età, di ogni dove e di tutti i livelli.

Il Sensei, Régis Soavi, a volte, è anche lui là, a prendere il caffè con gli altri. Di norma pratica e insegna al dojo Tenshin di Parigi, dal quale si assenta per andare a condurre degli stage negli altri dojo della Scuola.
Tra questi vi è quello di Milano, dove in alcuni periodi dell’anno si ferma un po’ più a lungo, una settimana o dieci giorni, prima o dopo lo stage. Altrimenti, le sedute sono assicurate dagli altri praticanti. La costanza della pratica è protetta.

Calligrafia “Cento fiori” di Itsuo Tsuda, montata in kakejiku, realizzato da Sara Rossetti

Il dojo è vasto. Lo spazio dei tatami è ricoperto da un grande telo beige. Tutti i muri sono bianchi. Su quello centrale vi è una calligrafia del Maestro Tsuda montata in kakejiku. I ritratti dei fondatori (Ueshiba per l’Aikido, Noguchi per il Katsugen Undo e Tsuda per il dojo) sono situati sulle altre pareti. Sono le 6:45 circa. I praticanti si dirigono verso gli spogliatoi. La seduta sta per cominciare. I tatami sono stati lasciati a riposo dal giorno prima. Al di fuori delle sedute, il posto non viene affittato, fatto fruttare, utilizzato da altri corsi. Si comincia allora a capire da dove venga questo “qualche cosa” che si è sentito entrando. Un vuoto è al lavoro. Altro elemento capitale nella tradizione giapponese: l’importanza di un vuoto che unisce.

Tra le sedute, si lascia lo spazio ricaricarsi, riposarsi, come un corpo umano. Bisogna aver visto il posto nudo e silenzioso, come un animale a riposo, per comprendere la realtà di questo fatto. I praticanti si siedono in seiza, il silenzio si fa e la seduta comincia.

Sedute di Aikido e Movimento rigeneratore

Chi conduce si pone di fronte alla calligrafia, bokken in mano, poi si siede. Si saluta una prima volta. Poi viene la recitazione del norito, un’invocazione shintoista, di chi conduce la seduta. Il Maestro Ueshiba cominciava così ogni seduta. Il Maestro Tsuda, abituato alla mentalità occidentale, non aveva giudicato necessario tradurre questa invocazione. Aveva insistito solamente sulla vibrazione che ne emana, il lavoro della respirazione. Certo, la dimensione sacra è presente. Ma non per questo è religiosità, né mistica “giapponesizzante” di cui gli occidentali sono spesso ghiotti. No. Qui, è molto più semplice. Ascoltando il norito, si sente risuonare qualcosa nello spazio che favorisce la concentrazione, il ritorno dentro di sé. Come si può essere toccati da un canto senza aver bisogno di capire le parole.

Prima parte individuale: pratica respiratoria

Segue la “pratica respiratoria”, una serie di movimenti che facciamo da soli. Il Maestro Tsuda ha mantenuto questa parte del lavoro che faceva il Maestro Ueshiba e che ha potuto essere abusivamente considerata come un riscaldamento. Il termine riscaldamento è restrittivo. Impegna solo il corpo e suppone che la pratica, la vera, comincerà dopo. In entrambi i casi, è falso. Un solo movimento può essere approfondito all’infinito e implica, se si lavora in questo senso, la totalità del nostro essere.
Viene poi il lavoro a due. Si sceglie un partner. Nessuna forma di gerarchia predomina. Si potrà un giorno praticare con un principiante, il giorno dopo con una cintura nera. Si lavorano quattro o cinque tecniche di Aikido per seduta. Chi conduce fa la dimostrazione di una tecnica, poi ognuno si esercita a turno con il proprio partner. Quello che emerge dalla pratica è l’importanza della respirazione e l’attenzione a ciò che circola tra sé e il partner. Una circolazione che, prendendo il postulato del combattimento come punto di partenza, porta al di là. Un al di là dal combattimento.

Non è certamente per caso che Régis Soavi Sensei utilizza il termine “fusione di sensibilità” per parlare dell’Aikido. “La via della fusione del ki”. Sui tatami, nessun confronto brutale. Ma nemmeno condiscendenza molle. L’Aikido praticato qui è morbido, chiaro, fluido. Si vedono le hakama descrivere degli arabeschi in aria, si sentono risate, rumori di cadute, si vedono movimenti molto lenti poi, improvvisamente, senza una parola, i partner accelerano e sembrano trascinati in una danza, finché la caduta li libera.
Si ripensa alla frase di Morihei Ueshiba: «L’Aikido è l’arte di unirsi e di separarsi».
Non c’è passaggio di gradi. Né esame. Né dan né kyu. Al loro posto, il portare l’hakama e la cintura nera. I principianti, quanto a loro, sono in kimono bianco e cintura bianca. Il momento giusto per portare l’hakama è deciso dallo stesso praticante, dopo averne parlato con degli anziani o il Sensei. Scegliere di portare l’hakama implica di assumere una libertà, ma anche una responsabilità. Perché si sa che i principianti prenderanno più facilmente come modello coloro che portano la gonna nera tradizionale. La questione del grado è rigirata come un guanto. La chiave non è all’esterno. È la propria sensazione che si deve “affilare”, per riconoscere il momento giusto. Certo, ci si può sbagliare, si mette l’hakama troppo presto, o troppo tardi. Ma il lavoro è avviato. È in se stessi che si deve cercare. Quanto alla cintura nera, il Sensei un giorno la consegna al praticante che stima adatto a portarla, quest’ultimo non è peraltro mai al corrente di questa decisione. Ed è tutto. La persona porterà la cintura nera. Niente blabla. Il simbolo è preso per quello che è: un simbolo e niente di più. Il cammino non ha fine.

Vedendo la dimostrazione del movimento libero, nel quale le tecniche si concatenano spontaneamente, si ripensa al termine che torna spesso nelle opere e nell’insegnamento di Itsuo Tsuda: “Il non fare”. Ed è probabilmente ciò che dà quest’atmosfera così particolare al dojo, con l’alba, l’odore dei fiori davanti al kakemono e il vuoto. Una via del non-fare. La seduta si conclude. Il silenzio ritorna. Si saluta la calligrafia, chi conduce esce. Poi i praticanti lasciano lo spazio o piegano le loro hakama sui tatami. Più tardi, dopo essersi cambiati, ci si ritrova intorno ad una colazione, verso le 8:30, nell’ ambiente accanto ai tatami.
Si cerca di saperne di più del funzionamento del dojo. Perché questo posto viva, perché sia allo stesso tempo vivente e autonomo finanziariamente, un’energia considerevole viene messa dai praticanti. Alcuni hanno fatto la scelta di dedicarvi una grande parte della loro vita. Sono un po’ come degli uchideshi giapponesi, degli allievi interni. Oltre alla pratica, gestiscono la colonna vertebrale del dojo, alternandosi poi con altri praticanti che si potrebbero associare a degli allievi esterni. Tutti partecipano, sono incoraggiati a prendere delle iniziative e a responsabilizzarsi.

Un anziano riassume l’insegnamento ricevuto: «L’Aikido. Il Katsugen Undo. E il dojo.» La vita di un dojo è qui un lavoro vero e proprio, un’occasione unica di mettere in pratica al di fuori dei tatami quello che si impara sui tatami. Piuttosto che un rifugio, una serra, l’immagine sarebbe quella di un terreno a cielo aperto in mezzo alla città, nel quale ci si mette a maggese all’alba, dove si dissodano le proprie erbacce per lasciare spazio, poco a poco, ad altre fioriture. Si guarda lo spazio vuoto dei tatami un’ultima volta prima di andarsene. Sembra respirare. Il giorno è spuntato e la città ora è in un ritmo rapido e rumoroso. Ci aspetta. Lasciamo il dojo e camminiamo fuori, con un leggerissimo sorriso.
In un mondo di accumulazione e di riempimento sfrenato, esistono dei posti in cui si può lavorare attraverso il meno. Questo ne è uno.

(Un estratto di quest’articolo è stato pubblicato sulla rivista Karaté Bushido, ed. francese, febbraio 2014)

1. Zeami, La tradition secrète du Nô (La tradizione segreta del Nō). Traduzione René Sieffert, Gallimard/Unesco.

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STAGE DI AIKIDO E KATSUGEN UNDO | DAL 31 GENNAIO AL 2 FEBBRAIO 2020

PROGRAMMA DI STAGE
VENERDÌ 31
17:45 Iscrizioni
18:30 Aikido
20:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo

SABATO 1
8:00  Aikido
10:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo
18:30 Ame no Ukihashi ken
20:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo 

DOMENICA 2
8:00  Aikido
10:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo
12:00 Piccola conferenza di fine stage 

Tariffa: 130€ – Fino a 18 anni: 105€. Quota associativa: 5€

Per iscriversi allo stage, compilare questo modulo
Gli stage proposti sono condotti da Régis Soavi Sensei, e sono aperti  a tutti. 
Per maggiori informazioni Scuola Itsuo Tsuda


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STAGE DI AIKIDO E KATSUGEN UNDO | DAL 29 NOVEMBRE ALL’1 DICEMBRE 2019

PROGRAMMA DI STAGE
VENERDÌ 29
17:45 Iscrizioni
18:30 Aikido
20:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo

SABATO 30
8:00  Aikido
10:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo
18:30 Ame no Ukihashi ken
20:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo 

DOMENICA 1
8:00  Aikido
10:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo
12:00 Piccola conferenza di fine stage 

Per iscriversi allo stage, compilare questo modulo
Gli stage proposti sono condotti da Régis Soavi Sensei, e sono aperti  a tutti. 
Per maggiori informazioni Scuola Itsuo Tsuda


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PRESENTAZIONE DEL LIBRO “LA SCIENZA DEL PARTICOLARE” DI ITSUO TSUDA

In occasione di Milano Book City 2019, la Scuola della Respirazione è lieta di invitarvi, in anteprima nazionale, alla presentazione del libro “La Scienza del Particolare” di Itsuo Tsuda (1914-1984), pubblicato da Yume Editions, nuova traduzione in italiano dal testo francese.



Itsuo Tsuda è un filosofo e scrittore giapponese, maestro di Aikido e di Seitai.
La sua opera ci parla della vita, la vita nei suoi aspetti concreti come la salute, l’educazione, il corpo.
I suoi libri trattano di Aikido, di Movimento Rigeneratore ma soprattutto del ki e della respirazione come mezzi per risvegliare la sensibilità e per ritrovare la propria libertà interiore. In questo contesto, dove l’individuo diventa protagonista e responsabile della propria ricerca, “La Scienza del Particolare” è l’unica possibile per conoscere l’uomo come individuo nella sua unicità, anche quotidiana.
Una visione controcorrente rispetto alla scienza del generale che prevale nelle società moderne e che appiattisce le particolarità considerando statisticamente gli individui come numeri.

Programma
ORE 19.00 Letture di brani tratti dal libro e proiezione video a cura della Scuola della Respirazione.

Ingresso libero – si consiglia di prenotare inviandoci una mail.

L’evento avrà luogo nel nostro dojo.

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ALLA SCOPERTA DI ITSUO TSUDA

ITSUO TSUDA
Filosofo e scrittore, maestro di Aikido e di Seitai.

Letture e immagini a cura della Scuola della Respirazione.


9 novembre ore 16.00

Maestro sconosciuto al grande pubblico, personaggio atipico e tenacemente indipendente che divide la sua vita tra Giappone ed Europa dal 1914 ai primi anni ‘80 del Novecento, Itsuo Tsuda è prima di tutto filosofo.
Introduce il Katsugen undo (Movimento Rigeneratore) in Europa all’inizio degli anni ’70 e resta ancora oggi una figura imprescindibile dell’Aikido.
Nella sua opera tratta di Aikido, Movimento Rigeneratore, ma soprattutto del Ki e della respirazione come mezzi per risvegliare la sensibilità e per ritrovare la propria libertà interiore.

Le letture a cura del Dojo Scuola della Respirazione di Milano e la proiezione di un video su Itsuo Tsuda, ci introducono a questa figura poliedrica, alla sua eredità, ai suoi libri e alla pratica che si ispira al suo lavoro.

Opere di Itsuo Tsuda disponibili su Yume editions.


Ingresso libero, è necessario prenotare contattando la biblioteca.

L’evento si svolgerà presso la
Biblioteca Parco Sempione
Viale Cervantes | Municipio 1
0288465812 | c.biblioparco@comune.milano.it
milano.biblioteche.it

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SUPERFICIALITÀ O APPROFONDIMENTO

di Régis Soavi

In questo articolo, a partire da un tema tratto dall’I-Ching (esagramma Tsing = Il pozzo),
Régis Soavi Sensei ci parla delle pratiche dell’Aikido e del Movimento Rigeneratore come strumenti di ricerca e approfondimento di sé. 

Il dojo è, per essenza, il pozzo dove vengono a nutrirsi i praticanti di arti marziali alla ricerca della Via, del Tao. All’opposto del ring o della palestra, offre un luogo di pace necessario, se non addirittura indispensabile, per l’approfondimento dei valori umani.

Oggi viviamo alla velocità della luce. La comunicazione non è mai stata così rapida. Le onde cariche di bit e micro-bit circolano di continuo intorno al nostro pianeta, portatrici di molte più informazioni di quante il nostro cervello possa immagazzinarne. I social hanno rimpiazzato la conoscenza con uno smalto di superficie che può sembrare abbastanza adatto a soddisfare il nostro aspetto sociale. Se negli anni sessanta i membri dell’Internazionale situazionista fustigavano gli pseudo-intellettuali che si nutrivano di riviste come Le Nouvel Observateur o L’Express1 per alimentare le loro conversazioni mondane o i loro scritti, cosa direbbero della democratizzazione proposta ad ognuno per diventare il nuovo Monsieur Jourdain del Borghese Gentiluomo di Molière?
È meglio conoscere un po’ di tutto piuttosto che approfondire qualcosa, questo sembra essere il motto della nostra epoca.
Nelle arti marziali la tendenza sembra andare nella stessa direzione. Molte persone sono interessate alle immagini spettacolari ritrasmesse dai media dove si presentano le capacità fittizie di attori marziali, peraltro molto bravi nel loro mestiere, ma dove la ricerca è principalmente la resa superficiale oltre che commerciale.
L’immagine del pozzo nell’antica Cina dovrebbe farci riflettere sulle tendenze che governano la nostra vita di tutti i giorni. Quando si attingeva l’acqua dal pozzo con l’aiuto di un secchio e di un palo, era proprio la ripetizione di un tale atto che permetteva la vita del villaggio, ed il beneficio fornito era considerato come inesauribile. E se prendessimo esempio da questa antica immagine?
Quando si pratica un’Arte come l’Aikido non si tratta di accumulare un numero sempre maggiore di tecniche, né di ripetere beatamente l’insegnamento prodigato, ma piuttosto di iniziare una ricerca, di riorientarsi verso qualcosa di più profondo così da abbandonare il superficiale, il superfluo, che ci ha tanto deluso e che non sopportiamo più.

Praticare l’Aikido significa riorientarsi verso qualcosa di più profondo così da abbandonare il superficiale.

Molti di coloro che all’inizio sono estremamente entusiasti di iniziare un vero lavoro con il loro corpo, si stancano della ripetizione, troppo spesso scolastica, oppure si lasciano fuorviare dall’ultima moda. Si vedono così persone che collezionano i metodi e passano da un’arte all’altra, dallo Yoga al Tai-chi, dal Karate alla Capoeira, pensando a volte che una di esse sia superiore all’altra come spiega molto bene uno youtuber alla moda che fa attualità a suo piacimento.
Di fronte a tutti questi personaggi che vivono solo per influenzare i loro followers e si guadagnano da vivere alle loro spalle grazie al numero di «like» e alla pubblicità che generano, non sarebbe il momento di cercare in fondo a se stessi? Di prendersi il tempo di riflettere piuttosto che consumare passivamente la riflessione di un altro? Di muovere il proprio corpo per ritrovare un’armonia perduta piuttosto che cercare nel virtuale un complemento alla routine derivante dalla povertà del quotidiano?
Il dojo in quanto luogo di ricerca possiede tutte le caratteristiche del pozzo: è al contempo un luogo di allenamento, poiché vi si attinge ogni giorno, e allo stesso tempo (e forse più) è un luogo di convivialità dove il sociale si sbarazza di ciò che gli impedisce di essere vero, vale a dire di essere il più vicino possibile alla natura profonda degli individui. Un luogo dove la sociabilità sfugge alle convenzioni, un luogo dove si può comunicare, entrare fisicamente in contatto con l’altro in modo semplice, con tutte le difficoltà che ciò può comportare per colui o colei che non è pronto o pronta.
Tutta la difficoltà risiede nel fatto di non rimanere in superficie nella pratica, di non accontentarsi di surfare su un oceano di immagini diventate virtuali o sguazzare sulla riva e questo se possibile senza bagnarsi troppo, ma di impregnarsi di quello che vi si trova, di lasciare ciò che ci ingombra in modo da esplorarne le profondità.
Il mio Maestro Itsuo Tsuda nel suo libro Il Non-fare2 ci dà con semplicità, un’idea della sua ricerca e del lavoro che ha intrapreso in Europa.

Itsuo Tsuda.

«Cosa sono io in confronto alla grandezza dell’Amore cosmico del Maestro Ueshiba, della tecnica del Non-Fare del Maestro Noguchi, o della raffinatezza insondabile del Maestro Kanze Kasetsu, attore del teatro Nō? Li ho conosciuti tutti e tre; due sono morti, solo il Maestro Noguchi è in vita [Haruchika Noguchi muore nel 1976].
La loro influenza continua a lavorare in me.
Essi sono maestri per natura. Io sono solo un essere che comincia a risvegliarsi, che cerca ed evolve.
Una straordinaria continuità di sforzi costanti caratterizza le opere di questi maestri. Ho l’impressione di trovare in un terreno arido, pozzi di una profondità eccezionale. Il punto in cui il lavoro di categorizzazione si ferma non è per loro che il punto di partenza. Hanno scavato ben al di là. Hanno raggiunto le vene d’acqua, la sorgente della vita.
Tuttavia, questi pozzi non comunicano tra loro, anche se è la stessa acqua che vi si trova. Il compito che incombe su di me è quello di stendere una carta geografica, di trovare un linguaggio comune.» Questo linguaggio, Itsuo Tsuda lo troverà nell’arte della scrittura (definiva se stesso scrittore-filosofo, come testimonia la sua lapide al cimitero di Père Lachaise), nell’insegnamento di una certa forma dell’Aikido basata sulla respirazione e l’approfondimento della sensazione del Ki, infine facendo conoscere il Katsugen undo (Movimento rigeneratore). Attraverso il suo lavoro, i suoi scritti, il suo insegnamento, riuscirà a creare un ponte tra l’Oriente e l’Occidente.
Ciò che minaccia il praticante di arti marziali e in particolare di Aikido è la noia dovuta alla ripetizione, alla ricerca dell’efficacia, al fatto di perfezionare la tecnica, e tutto questo a detrimento della profondità dell’arte, nonché della cultura che la sottende. Di fatto, la nostra epoca non è più soggetta agli stessi imperativi dei secoli scorsi, se è comunque utile essere in grado di reagire in caso di aggressione o di difficoltà, quello che sarà determinante è più la forza interiore e il risveglio dell’istinto, che la capacità di combattere. L’Aikido rimane una pratica del corpo, dove il rigore, la dinamica, il savoir-faire, hanno un’importanza capitale, ma il suo aspetto filosofico è tutt’altro che trascurabile. Questo aspetto non ha niente di contraddittorio, semmai il contrario, uno dei miei vecchi maestri Masamichi Noro l’aveva ben compreso quando, alla fine degli anni settanta, creò una nuova arte: il Ki no Michi (la via del Ki). La ricerca nell’Aikido è qualcosa di difficile e a volte può persino risultare deleteria, perché se non si tratta di affrontare altri combattenti, non si tratta neppure di meditazione o danza, e posso dire questo perché ho un immenso rispetto per queste arti, i cui pozzi sono diversi, ma la ricerca va sempre nella stessa direzione: andare a cercare sul versante dello sviluppo delle capacità umane, della cultura al di là del conosciuto, rimettersi in discussione e mettere in dubbio le idee del mondo, avanzare per far avanzare la nostra società per uscire forse un giorno dalla barbarie e dall’oscurantismo. Basta rileggere la conferenza di Umberto Eco3 su come l’essere umano si costruisca dei nemici per rendersi conto che abbiamo bisogno più che mai di conoscere l’altro per meglio comprenderlo.
L’Aikido come Arte del Non-fare è una porta verso quello che molte persone cercano: la realizzazione di se stessi, senza un ego smisurato, ma nella semplicità, e con il piacere di un vissuto autentico.

1. Le Nouvel Observateur, settimanale francese fondato nel 1950, è il principale periodico generalista parigino in termini di diffusione. L’Express è un settimanale francese di attualità e politica fondato nel 1953 sul modello del periodico statunitense Time.
2. Itsuo Tsuda, Il Non-fare, Yume Editions – Parigi 2014 pp. 13, 14.
3. Umberto Eco, Costruire il nemico e altri scritti occasionali, Bompiani Milano 2011.



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STAGE DI AIKIDO E KATSUGEN UNDO | DAL 27 AL 29 SETTEMBRE 2019

PROGRAMMA DI STAGE
VENERDÌ 27
17:45 Iscrizioni
18:30 Aikido
20:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo

SABATO 28
8:00  Aikido
10:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo
18:30 Ame no Ukihashi ken
20:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo

DOMENICA 29
8:00  Aikido
10:00 Conferenza e seduta di Katsugen undo
12:00 Piccola conferenza di fine stage

Per iscriversi allo stage, compilare questo modulo.
Gli stage proposti sono condotti da Régis Soavi Sensei, e sono aperti  a tutti.
Per maggiori informazioni Scuola Itsuo Tsuda.



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PORTE APERTE Aikido e Katsugen Undo

Il Dojo Scuola della Respirazione è lieto di invitarvi alla giornata di porte aperte per la presentazione delle sue attività.

PROGRAMMA
Sabato 21 Settembre
Ore 19.00
Dimostrazione di Aikido
Ore 20.15 Presentazione del Katsugen undo (Movimento rigeneratore)
Video interviste di Régis Soavi Sensei (20 min. circa)

Domenica 22 Settembre
Ore 10.00 Seduta aperta di Aikido (1h e 30 circa)
Prenotazione consigliata scrivendo a yumedojo@scuolaitsuotsuda.org. Per l’abbigliamento se avete un keikogi (kimono) è l’ideale, in alternativa un pantalone di una tuta e una t-shirt vanno bene.




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